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Visualizzazione dei post da febbraio, 2016

UMBERTO ECO o Dei conflitti di interesse

(Quello che segue è un post lungo, articolato, per qualcuno palloso, per qualcun altro borioso. Siete avvisati) Avvenuti i funerali Umberto Eco dovrebbe spegnersi un po' del clamore mediatico provocato dalla scomparsa, per cui forse si può ragionare più lucidamente sul lascito dell'intellettuale d'origine piemontese . Anticipo in estrema sintesi le conclusioni a cui pervengo con le considerazioni più sotto. Come semiologo e studioso di mass media Umberto Eco è stato importantissimo (ma lo affermo con beneficio d'inventario). Come scrittore è stato bravo, ma non particolarmente rilevante. Come intellettuale 'impegnato' è stato incoerente e - paradossale conclusione - intellettualmente disonesto. Detto ciò, va chiarito che la statura intellettuale c'era, eccome. Umberto Eco è stato un eccezionale erudito, un fondamentale studioso dei media e un narratore sopraffino. Si è dedicato a uno spettro di interessi e di attività così ampio che davvero, come qualc

FORSE ESTHER di Katja Petrowskaja o Della fascinazione della Storia

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Katja Petrowskaja ricostruisce le vicende e le identità dei componenti della sua famiglia tra Kiev e Varsavia dalla fine del XIX Secolo ai giorni nostri. Protagonisti, insieme ai natali dell'autrice, sono gli eventi storici che si susseguono sconvolgenti e inesorabili. Appena adocchiato in libreria questo romanzo-saggio, ho pensato di leggerlo, proprio perché impregnato di Storia. Ho un debole per la narrativa in cui la storia con S maiuscola gioca un ruolo importante. Se dovessi dare su due piedi una definizione di Storia (in realtà svelo che l'ho pensata sabato mattina, mentre spingevo mia figlia sull'altalena) la classificherei come una serie di avvenimenti o momenti trasformativi da prendere in considerazione per l'influenza dispiegata in maniera definitiva o prolungata sulla vita di un numero rilevante di persone. In sostanza, un viluppo di storie concatenate. Per cui mi viene spontaneo reputare la Storia una faccenda per certi versi contigua alle storie narrat

LA FEBBRE DELL'ORO di C. Chaplin 1925: un genio 'politicamente scorretto'

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Il motivo per cui ho scelto La febbre dell'oro , di Charlie Chaplin, un film di novant'anni fa, per il primo post dedicato al cinema di questo blog è essenzialmente uno: negli ultimi tempi gli unici film che ho visto sono quelli di Chaplin con protagonista il classico 'omino' o 'vagabondo', in Italia Charlot , per l'ottimo motivo che mia figlia di due anni e mezzo ne va matta. E spero ne vada matta anche quando sarà più grande. Mi spaventa un po' l'idea che i film di Chaplin siano considerati oggi, e maggiormente in futuro, solo reperti storici del cinema d'un tempo, per i suoi ritmi pacati e l'ingenuità dei primordi. Se attualmente i ritmi sono folli e se ingenuità e innocenza sono ormai considerate debolezze la colpa non è certo di Chaplin. La febbre dell'oro non è il mio film preferito fra quelli di Chaplin, ma può ugualmente essere di stimolo per qualche riflessione. La prima è una constatazione ovvia, ma validissima: Chaplin era u

LA VOCE DELLE ONDE di Y. Mishima: nulla di scontato.

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La trama può sembrare la più scontata e la meno appassionante (se vuoi, vedi qui ), eppure Yukio Mishima cattura l'attenzione del lettore e a farlo entrare in un mondo che forse era "altro" anche per i lettori dell'epoca di uscita, gli anni Cinquanta del Giappone ancora rurale e stordito dalle catastrofi del conflitto mondiale. Tutto si tiene magnificamente, il nitore e la semplicità dei personaggi, l'autenticità dei loro sentimenti, la durezza della loro vita, lo scorrere delle vite e delle onde. Vale la pena di leggere anche un'opera minore, come questa, di Mishima, che reputo uno dei migliori scrittori del secondo Novecento. Leggere uno dei seguenti tre per rendersene conto: Il padiglione d'oro ; Neve di primavera ; Cavalli in fuga . Anche come personaggio Yukio Mishima non era uno qualunque: gay, nazionalista, si tolse la vita per mezzo del suicidio rituale dei samurai, il  seppuku .

BLUES JAM IN CHICAGO Fleetwood Mac & altri 1969: It's only blues but I like it

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Non fate caso alla copertina del disco che sto introducendo: è brutta, ma si tratta di una ristampa e comunque il contenuto è bellissimo. Sotto mostro la copertina interna del doppio LP, dove si possono (intra)vedere foto e nomi dei musicisti coinvolti. Ci sono i primi Fleetwood Mac , quelli capitanati Peter Green, giovani (nel 1969, quando è stato registrato il disco) paladini del British Blues, ragazzi che negli anni '50 e soprattutto '60 suonavano rifacendosi al blues classico americano, specialmente quello di Chicago. Ci sono poi proprio alcuni altisonanti nomi del blues di Chicago, come Otis Spann, Willie Dixon, Walter 'Shackey' Horton e altri. La storia è questa: nel gennaio del '69 il produttore inglese Mike Vernon, con la sua casa discografica Blue Horizon, produsse sotto la ragione sociale Fleetwood Mac questa blues jam, negli studi della mitica Chess Records, a cui parteciparono gli attempati caposcuola del blues e gli allievi Fleetwood Mac. Chi ap

33 false verità sull’Europa di L. Bini Smaghi ovvero Le 33 mezze verità di Bini Smaghi. Intellettualmente disonesto.

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L'agile saggio si presenta come una sorta di confronto dialettico tra l'autore ( costui ) e gli oppositori a Unione Europea e eurosistema, che per Bini Smaghi sono tutt'uno. Trentatré brevi quesiti che Bini Smaghi pone a sé stesso replicando in maniera piuttosto articolata e comprensibile. Le magagne, però, non si trovano tanto nelle risposte quanto nelle domande che Bini Smaghi rivolge a sé stesso, che spesso paiono poste da un soggetto antropologico poco avveduto di economia, di storia e di logica. Probabilmente da un ottuso nazionalista populista, perché, si evince dall'introduzione al volume dello stesso Bini Smaghi, i dubbi espressi in tali domande solitamente sono da ascrivere a questo tipo umano. Dunque, fin da subito il confronto dialettico è falsato. È evidente come le domande sovente sono poste ad hoc per ricevere le risposte che l'autore intende fornire. E in realtà quasi sempre le risposte eludono le critiche più articolate e radicali suscitate dal

La galassia di Asimov di D. Brin, R.Silverberg, H. Turtledove, R. Sheckley, M. Resnick, P. Anderson, I. Asimov: prescindibile

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Il libro inizia in maniera ingannevole, perché l'introduzione di Asimov è divertente e i primi due racconti, di Silverberg e di Brin, non sono male. Invece, il racconto di Sheckley è un pasticciato e noioso delirio, quello di Anderson barboso, l'ultimo, di Turtledove, leggibile, ma prevedibile. Assai prescindibile, anche per gli appassionati del genere.

Il bottone di Puŝkin di Serena Vitale: vivere e morire nella Pietroburgo degli zar

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Un saggio che è quasi un romanzo epistolare. Sicuramente non meno appassionante. Serena Vitale, attraverso la corrispondenza di amici e conoscenti, ricostruisce le vicende che hanno condotto al duello in cui Puŝkin, letterato, poeta, romanziere, fondatore della letteratura russa moderna, fu ferito a morte. Le ampie citazioni da tali lettere e la prosa raffinata ed evocativa della Vitale prendono per mano il lettore e lo accompagnano nella Pietroburgo del 1836-37. Sembra di essere lì, tra aristocratici russi maldicenti o compunti, che brigano, confabulano in francese, inviano lettere anonime e infine – non tutti – piangono la scomparsa del sommo poeta, morto per difendere il proprio onore dalle chiacchiere del bel mondo pietroburghese, che lo dicevano cornuto ( cocu ) a causa dello sfrontato comportamento della propria bella consorte e del chevalier garde D'Anthés. Erano altri tempi, non c'è che dire. Forse le pagine più intense sono quelle finali, dedicate alle ultime ore d

The terror - Flaming Lips 2013 ovvero Del destino della musica rock

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(Va detto: non sono un esperto di musica, non suono, sono stonato, ascolto soltanto. Quasi una stortura questo mio osar scrivere di musica, anche solo nel mio blog. Però la musica mi piace, e parecchio. Che vita sarebbe senza musica? Che blog sarebbe il mio blog, se non scrivessi ogni tanto di musica?) Premetto: ascolto poche nuove uscite in ambito rock e dintorni. Rimango (colpevolmente?) ancorato agli anni '60 e '70. Come in letteratura amo più i classici degli epigoni, benché talvolta involontari epigoni. "Che cavolo stai scrivendo?" starà pensando qualcuno, se mai si inoltrerà in queste righe, "c'è tanta roba bella che esce ogni anno. Al limite sei tu che non fai lo sforzo di conoscerla". Vero. Oggi non mi sforzo e non ho più neppure tanto tempo da dedicare alla missione di reperire musica 'rock' attuale che mi piaccia. Fino a qualche anno fa lo sforzo lo facevo, solo che sovente risultava vano, malgrado mi orientassi consultando amici

Elvis Presley. (L'ultimo treno per Memphis; Amore senza fine) di P. Guralnick: storia di un talento sciupato

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Gran lavoro di ricerca rifluito in due ponderosi volumi, per quella storia straordinaria che è stata la vita di Elvis, tra ascese, cadute, rentrée, momenti di gloria e momenti imbarazzanti. La ricostruzione è tutta concentrata sulla cronaca. Guralnick lascia indietro poco, fra concerti, incisioni, dipendenze e incontri. Tuttavia, se il materiale di studio è a dir poco appassionante e ricco di spunti, limitarsi alla cronaca è un po' come pattinare sulla superficie di un grande lago senza dare un'occhiata a quello che c'è sotto.  L'ultimo treno per Memphis narra la prima parte della vita di Elvis, tutta in ascesa, la storia di ragazzo semplice del Midwest il cui talento unico viene riconosciuto e lanciato verso il successo da un  produttore lungimirante, prima, e da uno scaltro manager, poi. Amore senza fine è dedicato al ristagno, soprattutto artistico, alla rentrée del '68 e al lento inesorabile declino che lo ha condotto a una morte precoce. In definiti

La linea d'ombra di J. Conrad: cassato

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Ho tentato di leggere in versione audiolibro questo breve romanzo di Conrad. Ne ho ascoltato circa un quarto, poi mi sono arreso e ho staccato la spina. Dopo aver già tentato due volte di leggere Cuore di tenebra sono ormai persuaso che Conrad non mi piace. Non riesce ad appassionarmi e mi trasmette poco o niente. Frasi elaborate, fin troppo, situazioni che dovrebbero appassionare e invece tediano. Pazienza.

I fratelli Karamazov di F. Dostoevskij ovvero Quel che Fëdor aveva da dire

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(Non so quanto sia cosa saggia dedicare il primo post di un blog al proprio romanzo preferito. Ad ogni modo...) Credo che I fratelli Karamazov in questo momento della mia vita sia il mio romanzo preferito. E questo momento della mia vita dura da più di quindici anni. Poche considerazioni da fare su un libro largamente incensato e analizzato. L'ho riletto fra dicembre e febbraio per la quarta volta. La prima volta fu nel lontano 1993. La prima è che la quarta lettura del libro è stata la migliore. Certo, ogni vero classico “non ha mai finito di dire quel che ha da dire”, secondo la definizione di Calvino, ma leggere un libro come questo – che ha fra le sue caratteristiche salienti una profondità di pensiero costante, debordante, e la presenza di riflessioni filosofico-teologiche – a venti, a trenta o a quarant'anni può dare luogo a esiti differenti. Senza dubbio l'accrescersi delle esperienze e un più corposo bagaglio culturale permettono di addentrarsi più compiutam