UNDERWORLD di Don DeLillo: più grande del Grande Romanzo Americano


Underworld è il libro più conosciuto e celebrato di Don DeLillo, un classico immediato fin da quando è uscito, nel 1997. Senza dubbio rappresenta l'apice dell'arte di DeLillo.

Le vicende narrate nel romanzo, lungo più di 800 pagine, scorrono su piani temporali differenti, sfalsati, che si intersecano. Dopo il prologo ambientato durante una celebre partita di baseball del 1951, avvenuta contemporaneamente al primo test atomico sovietico, da una parte prende avvio la vicenda umana dell'esperto in rifiuti Nick Shay, presentata in episodi in senso cronologico discendente, dall'altra vengono seguiti i passaggi di proprietà della pallina da baseball oggetto del celebre fuoricampo avvenuto nel corso dell'episodio iniziale dagli anni Cinquanta a... Nick Shay.

La scrittura di DeLillo è di una precisione cristallina, Underworld pare un romanzo scolpito nel diamante. In un romanzo ricco di scene diverse con diversi personaggi, dipanato per sequenze temporali separate, tutto si tiene magnificamente, nulla pare fuori posto, nulla in eccesso, tutto partecipa alla composizione di un quadro – talvolta me lo immagino davvero come un grande affresco anziché un romanzo – che descrive un tracciato nello spazio-tempo americano.

Potrebbe benissimo essere il Grande Romanzo Americano di cui critici e commentatori favoleggiano da sempre similmente a un inafferrabile Moby Dick della letteratura USA o a un Oggetto Letterario non Identificato, probabilmente nemmeno identificabile, ma che si ama menzionare per amor di promozione.
Un oggetto che comunque rende l'idea di quanto la cultura letteraria statunitense sia autoreferenziale e ad un certo punto asfittica. Perché un grande romanzo scritto da un cittadino statunitense sugli USA dovrebbe essere il Grande Romanzo Americano e non un Grande Romanzo tout court? Perché non un capolavoro a prescindere dalla propria americanità, e dunque universale?Come già spiegato in questo post, la grande letteratura è quella che sa trattare i grandi temi che l'uomo (non solo americano) si pone.
Underworld è un romanzo straordinario scritto in maniera eccellente da uno scrittore americano, ambientato negli Stati Uniti, senz'altro figlio del contesto in cui ha avuto la luce, ma la sua valenza è senza dubbio universale: un europeo o un asiatico o un africano vi può comunque rinvenire una prospettiva in cui identificarsi, un arricchimento intellettuale e nuovi stimolanti interrogativi esattamente come un americano. Molto banalmente, la grande letteratura non ha patria. Definire un grande romanzo il Grande Romanzo Americano è una riduzione, non un attributo di grandezza.

Temi portanti di Underworld sono l'incombere della catastrofe nucleare e i rifiuti come residuo del mondo dei consumi, che si presentano variamente come opera d'arte realizzata con cimeli o come scoria radioattiva o altro ancora.
È indicativo che i rifiuti e la bomba atomica risultino a conti fatti il più grande lascito ai posteri da parte della società occidentale improntata sulla matrice culturale dell'american way of life e sulla potenza tecnologica in primis americana.

Nel capitolo terzo della parte V di Underworld l'insegnante gesuita del giovane Nick Shay gli insegna il valore delle parole attraverso la precisa descrizione delle parti di un scarpa. Detto così il capitolo non è certo allettante, eppure non annoia, tutt'altro, rappresenta, anzi, un mirabolante pezzo di bravura nonché un brano centrale per comprendere l'importanza che hanno per DeLillo l'esatto significato delle parole e il loro corretto impiego al di là dell'evidente virtuosismo linguistico dispiegato per tutto il libro (anche dalla sua traduttrice Delfina Vezzoli).

Il famoso (non come un film di Scorsese, d'accordo) prologo è già di per sé un capolavoro. Un vertiginoso racconto in cui personaggi fittizi e reali vivono il big bang di Underworld, cioè la la storica partita di baseball tra i New York Giants e i Brooklyn Dodgers avvenuta il 3 ottobre 1951.

Un interrogativo: DeLillo, come altri scrittori o artisti, quanto ha sacrificato della sua vita per mantenere la rigorosa disciplina necessaria alla sua scrittura? Anche David Foster Wallace glielo chiedeva in una lettera. L'equilibrio tra vita quotidiana e dedizione alla scrittura è notoriamente difficile. A mio avviso DeLillo ha dovuto sacrificare non poco.
Mi si risponderà: non ha sacrificato nulla in più di tanti imprenditori innovativi e di successo, se di tempo e dedizione vogliamo discutere, visto che anch'essi hanno fatto sacrifici lavorando perfino più di DeLillo per realizzare i loro progetti. Io però ritengo che il grande progetto di un grande imprenditore, tranne casi ben rari, se non viene realizzato quel certo imprenditore sarà realizzato da un altro con esito simile. Gli imprenditori sono un po' come l'erba che riempie la prateria: dove c'è spazio (e soldi) cresce, e questo è vantaggioso per tutti. Ma uno scrittore significativo è una pianta rara, non cresce ovunque e quello che scrive quello scrittore non lo scriverà nessun altro. L'esito dell'abnegazione di DeLillo è un libro straordinario e irripetibile come Underworld. Qualcosa di unico, come le persone e non come le funzioni o i mestieri che svolgono.

DeLillo viene generalmente ascritto alla corrente letteraria postmoderna. Non ho mai approfondito la conoscenza esatta delle etichette letterarie (e musicali etc.) né intendo farlo perché mi pare una perdita di tempo. Secondo me DeLillo ha scritto quello che aveva da scrivere liberamente, fregandosene in toto di come sarebbe stato etichettato il suo lavoro. Solo un uomo immerso nel suo presente che si fa carico di raccontarcelo in determinati illuminanti risvolti.
Assegnare un autore a una determinata corrente o categoria - questo vale per tutte le arti o, forse, per tutti i casi della vita - è un po' come guardare con un binocolo fisso un cavallo che scorrazza in lungo e in largo, o in corto e stretto, se così gli pare: qualcosa della traiettoria che segue il cavallo nella sua corsa andrà irrimediabilmente perso attraverso la ristretta visuale del nostro binocolo fisso. Si può assumere una prospettiva limitata per ragioni espositive o di studio, mai per un giudizio complessivo. Secondo, grossomodo, la stessa logica vista sopra riguardo al Grande Romanzo Americano definire DeLillo un autore postmoderno può risultare riduttivo. Forse fuorviante, quando un autore è di tale calibro.

Indimenticabile, infine, la frase di chiusura del libro: un laconico “Pace.”

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