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Visualizzazione dei post da luglio, 2016

GODETEVI LA CORSA di Irvine Welsh: una intelligente dissolutezza

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Non ho ancora ben capito se per me leggere i libri di Irvine Welsh sia più un piacere o un vizio o una forma di depravazione. Notoriamente l'autore scozzese - che più scozzese non si può - si dedica a temi triviali, di cattivo gusto, che sarebbe un eufemismo definire politicamente scorretti, travalicando talvolta il limite del grottesco. Eppure a me i suoi libri piacciono parecchio. Per ragioni che trovo persino giustificabili. Innanzitutto lo stile. Energia pura, dialoghi al limite dell'assurdo ma verosimili, la capacità di far parlare in prima persona chiunque, anche un analfabeta o un incapace di intendere e volere, un lessico di fantasia iperbolica, un ritmo che avvince.   L'iperrealismo della sua scrittura ricrea un mondo che pare scagliarsi fuori dalla pagina per aggredirti.   Il suo traduttore storico, Massimo Bocchiola, in questo romanzo, come in quelli precedenti, ha dato eccellente prova di sé. Tanto da chiedersi se l'originale in inglese meravigliosamente

L'ODISSEA DEL SUPERUOMO di C. L. Harness: mezza delusione

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L'odissea del superuomo raccoglie tre racconti risalenti agli anni '50 di questo Charles Harness, a me sconosciuto seppur apprezzato da parecchi appassionati di fantascienza. I racconti, a mio avviso, sono presentati nel volume in linea ascendente, dal peggio al meglio. Il primo, quello più lungo e che dà il titolo alla raccolta, non mi è piaciuto affatto. Narrazione zoppicante, che suona fasulla, infarcita di dialoghi pretenziosi. Vorrebbe volare alto, invece plana rasoterra. Il secondo, I giocatori di scacchi , è molto breve, si limita a sviluppare l'idea iniziale (un topo senziente primeggia sui migliori scacchisti di un club, poi rientra nella tasca del suo padrone umano), ma tutto sommato non è affatto male. Il terzo racconto, La nuova realtà , è quello che ho trovato più valido. Harness parte dall'interrogativo: e se la realtà si adeguasse alle proiezioni mentali dell'uomo? Ovvero: se la realtà si adeguasse alle regole scientifiche espresse dagli uomini an

TUTTI I RACCONTI di E. A. Poe: datati eppure pilastri del nostro immaginario

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Ho impiegato quasi due anni a leggere questa raccolta, che presumo piuttosto completa, dei racconti di Edgar Allan Poe, dopo averla tenuta in serbo per più di venti anni... In generale la lettura non scorre proprio liscia perché le novelle risultano datate. Datate non quanto alle tematiche - i racconti di Poe rimangono caposaldi del nostro immaginario - ma quanto a stile, che dopo duecento anni mi pare più descrittivo e involuto della media del suo tempo. Forse lo stile di Poe risulta datato anche perché impiegato in narrazioni che appartengono a un genere che noi – anch'io – conosciamo principalmente per il tramite di cinema/tivvù e di una narrativa nostra contemporanea, laddove le novelle di Poe rappresentano il punto di partenza, imprimono la spinta iniziale a più di un genere (orrore, mistero, giallo, thriller, gotico etc.). Mica poco. I racconti che più ho apprezzato sono quelli che al delirio vissuto e raccontato dai protagonisti/narratori uniscono una struttura narrativa

LA MOGLIE DEL DJINN di Ian McDonald: quando la tecnologia assomiglia alla magia

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Questo racconto di Ian McDonald, pubblicato nel 2008 sul numero 53 di Robot , la rivista di fantascienza che, come si vede sopra, gli ha dedicato la copertina, ha vinto nel 2007 il prestigioso premio Hugo quale miglior racconto lungo. La moglie del djinn è ricco di suggestioni derivanti dall'ambientazione indiana e dalla contiguità tra la magia dei miti e delle tradizioni da una parte e l'esoterismo di una tecnologia sempre più evoluta dall'altra. In un futuro prossimo la diva del cinema Esha si innamora di Rao, un djinn , cioè un'intelligenza artificiale incorporea la cui denominazione proviene da quella delle creature soprannaturali della teologia islamica. L'idea di fondo non è nuovissima, ma il contesto e la capacità di McDonald di tratteggiare il vissuto dei suoi personaggi rendono il racconto più che valido. Non credo che poi sia da tutti essere in grado di narrare secondo canoni realistici le vicissitudini di una coppia formata da una donna e una creatura

VIZIO DI FORMA di Thomas Pynchon ovvero Quando un surfista non si tuffa in mare

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Vizio di forma , il settimo romanzo di Thomas Pynchon , uscito nel 2009, è un noir intricato un po' in stile Chandler aggiornato agli anni '70, dove si perde quasi subito il filo dell'indagine portata avanti dall'investigatore privato Doc Sportello. L'intreccio passa quasi in secondo piano per lasciare spazio al mood del racconto. L'investigatore hippie Doc Sportello non può non ricordare Drugo Lebowsky: stesso tipo di indagine sconclusionata e stesso contesto, anche se in un periodo diverso. Pynchon scrive in maniera pirotecnica e anche qui i fuochi d'artificio non mancano. In Vizio di forma l'autore statunitense è capace di offrire letteralmente a ogni pagina almeno una trovata o una battuta che lascia ammirati per l'ironia e la capacità di dissacrare i costumi americani . Nulla a che vedere con la complessità e l'osticità dei romanzi precedenti (tranne Vineland ). Nella media di Pynchon Vizio di forma è una storia piuttosto semplice e li