L'UOMO È ANTIQUATO Vol. I di G. Anders: la vergogna prometeica non passa mai di moda
(Pare che fra gli obiettivi dei terroristi che hanno agito in Belgio negli ultimi giorni ci fosse anche la centrale nucleare presso Liegi.(vedi qui) Mi chiedevo quando ci avrebbero provato. Se anche la notizia fosse smentita, credo non ci sia nulla di meglio di un sito nucleare per chi intende provocare danni e distruzione.
Questo caso di cronaca, inquietante benché non inatteso, mi ha riportato alla mente i moniti pronunciati già dagli anni Cinquanta da Gunther Anders sulla presenza di dispositivi e ordigni tanto potenzialmente (e paradossalmente) distruttivi da minacciare l'esistenza umana con la loro stessa sussistenza.
La nostra razionalità è applicata in maniera così parziale, per motivi di opportunità e per mera abitudine a focalizzare l'attenzione su dettagli isolati da tutto il resto, da riuscire a convincerci che sono necessari congegni o apparati potenzialmente distruttivi per il solo fatto che attualmente esercitiamo il controllo su di essi. Tuttavia le centrali nucleari non sfuggono all'errore umano, e l'abbiamo visto con Chernobyl e Fukushima, malgrado tutto l'ottimismo sulla nostra capacità di prevenire o rimediare. Soprattutto le centrali nucleari non sfuggono al fattore umano. Non possiamo voltarci dall'altra parte di fronte a noi stessi. Oggi sono terroristi di matrice islamica a tentare di manomettere le centrali nucleari per creare i maggiori danni possibili intorno, domani può essere qualunque pazzoide o invasato a tentare la stessa cosa.
Le centrali nucleari esistono perché noi uomini le abbiamo realizzate, ma questa circostanza non deve illuderci di essere in grado di controllare il loro potenziale distruttivo. Dopo aver usato il cervello per inventare l'energia atomica proviamo a usarlo anche per relazionarla con il mondo in cui viviamo.
Tralascio poi la circostanza evidente, ma sottaciuta e ormai irredimibile, che circolano e vengono mantenute in funzione armi atomiche (anche sotto il suolo italiano, a quanto pare: vedi qui). "Per ogni evenienza", credo sia la giustificazione addotta. Il paradosso sta nel fatto che, qualora si verificasse l'evenienza, non potremmo mai sapere come andrebbe a finire.
Detto ciò, ecco cosa sosteneva Gunther Anders già sessant'anni fa.)
In L'uomo è antiquato (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'epoca della seconda rivoluzione industriale, volume primo, pubblicato quanto ancora l'autore non sapeva che ne sarebbe arrivato un secondo) Gunther Anders fonda la sua tesi sul concetto di 'vergogna prometeica', ovvero ritiene l'uomo, novello Prometeo, ormai subalterno al mondo delle macchine da lui stesso create. Si concentra specialmente sul paradosso cui la bomba atomica ha posto di fronte l'umanità, costringendola a una condizione oscillante tra autodistruzione (rimandata) prossima ventura ed esistenza attuale ma provvisoria. La vergogna prometeica è legata anche a un senso di inferiorità dell'uomo rispetto ai suoi prodotti meccanici che, sempre più nuovi ed efficienti, lo superano, lo rendono 'antiquato'.
Un testo fondamentale, che meriterebbe di essere meglio conosciuto. L'intuizione filosofica è portata avanti con una coerenza di pensiero addirittura sofferta, tanto è portata alle conclusioni più vere e preoccupanti. Anders, senza fare sconti a nessuno, ci pone di fronte a un nucleo di verità quasi impossibile da accettare e proprio per questo tanto più necessario e sconvolgente, specialmente nel sollevare problematiche che col passar del tempo stanno caratterizzando sempre più la condizione umana.
La visione di Gunther Anders è radicale perché coerente e realistica. La circostanza poi che non fosse un filosofo accademico e vivesse della propria penna probabilmente lo ha reso ancora più libero e meno incline ai compromessi.
Oggi più che mai desta sconcerto vedere così chiaramente preconizzata l'idea dell'uomo al servizio della macchina e, in epoca attuale, soprattutto dei software. È questa ormai una prospettiva che fa parte del nostro orizzonte antropologico in maniera profonda e forse ineluttabile.
Con la fine della guerra fredda ci siamo ormai dimenticanti dello strisciante rischio atomico che Gunther Anders sottende a tutta la sua analisi. Non ce ne dovrebbe esser bisogno, ma i fatti di cronaca ci ricordano che questo testo non ha perso un grammo della sua validità. Dopotutto non può passare di moda perché non fa che parlare dell'uomo.
Questo caso di cronaca, inquietante benché non inatteso, mi ha riportato alla mente i moniti pronunciati già dagli anni Cinquanta da Gunther Anders sulla presenza di dispositivi e ordigni tanto potenzialmente (e paradossalmente) distruttivi da minacciare l'esistenza umana con la loro stessa sussistenza.
La nostra razionalità è applicata in maniera così parziale, per motivi di opportunità e per mera abitudine a focalizzare l'attenzione su dettagli isolati da tutto il resto, da riuscire a convincerci che sono necessari congegni o apparati potenzialmente distruttivi per il solo fatto che attualmente esercitiamo il controllo su di essi. Tuttavia le centrali nucleari non sfuggono all'errore umano, e l'abbiamo visto con Chernobyl e Fukushima, malgrado tutto l'ottimismo sulla nostra capacità di prevenire o rimediare. Soprattutto le centrali nucleari non sfuggono al fattore umano. Non possiamo voltarci dall'altra parte di fronte a noi stessi. Oggi sono terroristi di matrice islamica a tentare di manomettere le centrali nucleari per creare i maggiori danni possibili intorno, domani può essere qualunque pazzoide o invasato a tentare la stessa cosa.
Le centrali nucleari esistono perché noi uomini le abbiamo realizzate, ma questa circostanza non deve illuderci di essere in grado di controllare il loro potenziale distruttivo. Dopo aver usato il cervello per inventare l'energia atomica proviamo a usarlo anche per relazionarla con il mondo in cui viviamo.
Tralascio poi la circostanza evidente, ma sottaciuta e ormai irredimibile, che circolano e vengono mantenute in funzione armi atomiche (anche sotto il suolo italiano, a quanto pare: vedi qui). "Per ogni evenienza", credo sia la giustificazione addotta. Il paradosso sta nel fatto che, qualora si verificasse l'evenienza, non potremmo mai sapere come andrebbe a finire.
Detto ciò, ecco cosa sosteneva Gunther Anders già sessant'anni fa.)
Un testo fondamentale, che meriterebbe di essere meglio conosciuto. L'intuizione filosofica è portata avanti con una coerenza di pensiero addirittura sofferta, tanto è portata alle conclusioni più vere e preoccupanti. Anders, senza fare sconti a nessuno, ci pone di fronte a un nucleo di verità quasi impossibile da accettare e proprio per questo tanto più necessario e sconvolgente, specialmente nel sollevare problematiche che col passar del tempo stanno caratterizzando sempre più la condizione umana.
La visione di Gunther Anders è radicale perché coerente e realistica. La circostanza poi che non fosse un filosofo accademico e vivesse della propria penna probabilmente lo ha reso ancora più libero e meno incline ai compromessi.
Oggi più che mai desta sconcerto vedere così chiaramente preconizzata l'idea dell'uomo al servizio della macchina e, in epoca attuale, soprattutto dei software. È questa ormai una prospettiva che fa parte del nostro orizzonte antropologico in maniera profonda e forse ineluttabile.
Con la fine della guerra fredda ci siamo ormai dimenticanti dello strisciante rischio atomico che Gunther Anders sottende a tutta la sua analisi. Non ce ne dovrebbe esser bisogno, ma i fatti di cronaca ci ricordano che questo testo non ha perso un grammo della sua validità. Dopotutto non può passare di moda perché non fa che parlare dell'uomo.
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