DON CHISCIOTTE di M. de Cervantes: libro straricco, ma (la prossima volta) non mi ci ficco


Suonerà come una bestemmia in chiesa, ma se qualcuno mi chiedesse: vale la pena di leggere Don Chisciotte? io gli risponderei: leggi le prime duecento pagine, lenisci la tua curiosità, poi non sentirti in colpa se lo abbandonerai.

E pensare che l'edizione da me letta è davvero di gran pregio: oltre 2000 pagine con testo spagnolo a fronte, esito di oltre cento edizioni compulsate al fine di trarne la versione più vicina alle intenzioni di Cervantes, con una introduzione del curatore e una del traduttore che arricchiscono il testo e infine le note esplicative, purtroppo a fine testo - pessima usanza sempre e comunque, questa - che esplicano davvero e agevolano la comprensibilità.


Tornando al mio consiglio iniziale, se qualcuno intende leggerlo tutto, e non soltanto le (circa) prime 200 pagine, be', lo si può fare abbastanza agevolmente, Don Chisciotte è tutt'altro che illeggibile e ha resistito ottimamente ai quattro secoli trascorsi dalla sua prima pubblicazione. Tuttavia rimango del parere che basti l'inizio per capire quale sia il valore del libro, quale sia il suo tono e quali novità (enormi, è evidente anche a me che non sono un esperto) abbia introdottoSenz'altro tutto il libro è costellato di episodi che anche isolati sono piccoli gioielli di narrativa, di saggezza e di arguzia. Tutto Don Chisciotte è percorso da aforismi preziosi e sempre attuali. 

Il fatto è che malgrado ciò la lettura risulta pesante. Io l'ho terminata perché, follemente forse, me lo sono imposto. Ma sono di quelle imprese che non ti fanno sentire migliore di chi si è tirato indietro. 


Può darsi che El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha sia, come parecchi affermano, il primo vero romanzo occidentale (la prima parte fu pubblicata nel 1605). Il punto di vista di un pazzo che dice tante cose sensate o comunque logiche ha un valore centrale nel libro ed è ancora suggestivo, ancora inestimabile ed attuale. Funziona e si fa apprezzare anche la circostanza che nella seconda parte del Don Chisciotte, o meglio il secondo libro, pubblicato nel 1615 come seguito dichiarato del primo, i ruoli del cavaliere errante fuor di senno (sempre meno, qui, mentre sono vari compari che mirano a fargli avere le traveggole...) e dello scudiero fucina di proverbi e dotato della saggezza dei semplici assumano la veste di un meccanismo ormai consolidato su cui giocare variazioni. Don Chisciotte è persino un metaromanzo, dove entra in gioco lo stesso Cervantes, il quale dichiara di non essere il narratore originario, bensì solo colui che ha ritrovato il testo opera dello storico Cide Hamete Benengeli, per cui l'autore effettivo finge di commentare e interagire col testo originale capitatogli tra le mani, un po' come poi farà Manzoni con I promessi sposi. Nella seconda parte del romanzo poi Cervantes critica i vari seguiti apocrifi della sua opera e porge repliche ironiche ed avvelenate agli autori abusivi.

Ciò malgrado, tutta questa ricchezza non basta. Per chi, come il sottoscritto, non è uno studioso di storia della letteratura o un cultore delle opere da cui origina la nostra letteratura contemporanea leggere il capolavoro di Cervantes diviene una sorta di sacrificio.
Riconosco a Don Chisciotte tutti i meriti che gli sono attribuiti, nessuno mi pare abusato, e, in fin dei conti, non sono pentito di averlo letto, eppure ogni tanto ripenso a quanti altri libri di valore, ma più godibili avrei potuto leggere al suo posto.

Ad ogni modo, anche questa è fatta.

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