LA DOCTA IGNORANTIA DI CHI HA VOTATO BREXIT

(Visto l'andazzo temo che questo post piacerà a pochi. Ciononostante mi piacerebbe lo leggessero soprattutto coloro a cui non piacerà.)



In questi giorni molto si è discusso, e tuttora si discute di vari aspetti della Brexit. Le asserzioni ripetute con maggiore intensità nei giorni scorse sono grossomodo queste:

1- Il referendum ha spaccato in due il regno Unito perché hanno scelto l'opzione Brexit il 52% dei votanti.
2- Il referendum ha spaccato in due il regno Unito perché la Brexit sarebbe stato votato della parte di popolazione più povera e ignorante.
3 - Il voto dei fautori del Leave è stato determinato innanzitutto dalla paura degli immigrati (paura del diverso + paura di chi ti ruba il posto di lavoro).
4 - Sotto il profilo economico le conseguenze per il Regno Unito e per il mondo saranno catastrofiche, o comunque avranno risvolti assai negativi.
5 - Sotto il profilo socio politico hanno vinto gli elettori più conservatori, più nazionalisti, più timorosi dei cambiamenti e dalla mentalità più chiusa contro quelli più cosmopoliti, più lungimiranti e dalla mentalità più aperta.

In proposito mi pare che alcuni aspetti siano stati trascurati o del tutto ignorati dalle varie analisi che mi è capitato di leggere:

1 - Vincere un referendum con una percentuale del 52% significa vincerlo poco più che per un soffio. Però, se con questa percentuale avesse vinto l'opzione Remain i vari media (per lo più 'istituzionali') che sottolineano tale dato avrebbero ugualmente insistito nell'evidenziarne l'importanza? Sono pronto a scommettere di no.

2 - Questa constatazione difetta di un banalissimo rilievo, cioè che l'ignoranza che si imputa quale peccato originale dei favorevoli alla Brexit non è un portato di madre natura. Gli ignoranti che hanno votato Leave quando sono nati non hanno chiesto di essere lasciati nell'ignoranza. L'istruzione è data dal contesto in cui cresce il soggetto interessato, ovvero principalmente da famiglia e scuola, ovvero dalle possibilità materiale di garantire gli studi da parte dei genitori e dall'offerta didattica da parte dell'amministrazione pubblica. Chi nel Regno Unito a partire dagli anni '80 ha tagliato sia i redditi delle famiglie sia gli investimenti nell'istruzione di massa? I governi conservatori della Sig.ra Thatcher. Chi attualmente sta operando affinché siano applicate politiche di riduzione dei redditi competitive e di tagli alla pubblica istruzione? L'UE, massimamente entro gli Stati che hanno sottoscritto il Trattato di Maastricht. 
Il Regno Unito non ha aderito al Trattato di Maastricht, ma le dottrine neoliberali le ha messe in pratica, eccome, anche perché le direttive e la normativa emanata dalla UE è comunque basata sulla primazia del libero mercato (e sulla stabilità della moneta, e quindi sull'austerità). Anche a discapito del benessere comune, come ha evidenziato la gestione della crisi greca. Sicché, proprio dall'epicentro europeo della rivoluzione neoliberista pare ora propagarsi la crepa più profonda (finora) entro l'istituzione che garantisce l'applicazione di politiche economiche neoliberiste nel continente europeo. Questo ovviamente non significa che le fazioni politiche favorevoli alla Brexit muteranno le politiche economiche in atto, anzi, se ne può dubitare fortemente. Tuttavia, dato che si è aperta una crepa, è lecito sperare che riesca a infiltrarvisi almeno un poco l'acqua del cambiamento. Ciò che comunque mi pare più suggestivo è che gli ignoranti pro Leave, in maniera inconsapevolmente sagace, col loro voto hanno colpito proprio alcuni dei principali colpevoli della loro ignoranza (e di quella che alligna nelle nostre lande). 

3 - Credo che razzisti o persone timorose dell'immigrato in UK, come in qualsiasi Stato occidentale, non ne manchino. Tuttavia, benché da lontano, non mi pare che questi siano stati la parte preponderante dei favorevoli alla Brexit. Gli articoli che ho letto, scritti da cittadini inglesi favorevoli all'uscita da UE (ad esempio questo discorso di Boris Johnson), erano incentrati principalmente su tre temi: 1) la UE si è dimostrata deleteria per i suoi cittadini a causa di austerità e di assurde regole burocratiche; 2) la UE è un'istituzione non democratica guidata esclusivamente da vertici non eletti; 3) se il Regno Unito sarà svincolato dall'obbligo di conformarsi a quanto stabilito in sede UE il voto dei suoi cittadini varrà di più perché tutte le scelte politiche ed economiche faranno capo ai rappresentanti eletti dai cittadini britannici.

Non mi paiono argomentazioni infondate. Di certo la posizione dei sostenitori del Remain in genere non viene messa in dubbio dai nostri media in quanto posta a difesa di un'istituzione considerata buona di per sé, l'UE, che si presuppone unisca i popoli, garantisca la pace, il benessere etc. Le questioni concernenti Unione Europea ed eurozona sono quotidianamente analizzate partendo dal presupposto della loro necessaria e imperfettibile sussistenza: magari si ammette che UE ed eurozona sono piene di difetti, ma qualsiasi alternativa va respinta, qualsiasi riforma può essere posticipata perché comunque i cittadini europei non possono essere così retrogradi da infrangere il sogno europeo...
A ben guardare, la stessa logica con cui si guardava alla Chiesa durante il Medioevo. Un modo di ragionare estremamente conservatore, che non può condurre a migliorare o riformare alcunché.
Quanto ai futuri effetti sull'immigrazione, ritengo che per forza di cose trasferirsi in UK diventerà più complicato e che la burocrazia metterà i suoi bravi bastoni tra le ruote. Dubito che la Gran Bretagna chiuderà le porte al mondo, eppure questo è un aspetto indiscutibilmente deprecabile della Brexit. In prospettiva
molto conteranno i futuri accordi con la UE e molto dipenderà anche dalla volontà della UE di non rivalersi su chi l'ha respinta, date le dichiarazioni di chiusura che i vertici europei hanno rilasciato ultimamente.
Quanto al razzismo, tra chi ha scelto la Brexit c'è senz'altro anche chi è razzista. Verosimilmente la gran parte dei razzisti 'purosangue' inglesi. Ma aggiungo che se davvero si volesse combattere il razzismo, si dovrebbe puntare a due obbiettivi. Il primo è la migliore istruzione possibile affinché la consapevolezza della diversità mitighi paure irrazionali, ma non è certo quello che vuole la UE, tranne che per pochi privilegiati (vedi sopra). Il secondo è banalmente il miglioramento delle condizioni economiche della collettività, cioè una tendenziale piena occupazione da cui deriverebbero redditi più alti e il disinnesco della paura del concorrente immigrato. Ma, com'è noto, le misure volte alla piena occupazione sono contrarie ai principi del mercato libero (secondo Hayek, ad esempio, la piena occupazione distorcerebbe le regole di allocazione della 'merce lavoro'...), ergo, sono contrarie ai principi della UE.

4 – Va premesso che se c'è una cosa che il risultato del referendum britannico ha dimostrato è che l'economia non per tutti è la cosa più importante

Finora i media stanno sottolineando quanti miliardi di euro o sterline sono state 'bruciate' per colpa della Brexit.
Anche qui, come per tutta la faccenda Brexit, la prospettiva offerta è piuttosto manichea.
Se esiste qualcosa di cretino come questi mercati che prima puntano sul cavallo sbagliato, il Remain, e poi fanno redigere 
cahiers de doléances ai propri giornali, forse c'è qualcosa che non funziona nelle regole che permettono ai cosiddetti mercati di generare tali sprechi. Si tratta di cosa nota e ripetuta persino dai politici all'occorrenza, eppure si continua a ragionare come se i mercati fossero una forza trascendente invece di una schiera di persone che cercano di trarre il maggior profitto possibile coi mezzi messi a loro disposizione dalle normative nazionali e internazionali.
Intanto la sterlina si è svalutata e questa circostanza, considerato il saldo estero sbilanciato (il Regno Unito è importatore netto dall'estero), per l'UK non è un gran male. Peggio per noi, piuttosto, che siamo fra coloro che importeranno meno nel Regno Unito...
Pare inoltre che sia a rischio il regime fiscale privilegiato per le multinazionali. Ad occhio e croce non mi sembra il peggiore dei mali: dipenderà da come verrà gestito.
Al di là delle reazioni di questi primi giorni, generate dal panico e dalla assurda mancanza di una sorta di 'piano B', ciò che accadrà è tutto da vedere. Io ritengo probabile che la sterlina nel giro di non molto tempo tornerà una valuta rifugio rispetto alle incertezze dell'euro e/o provocate dall'euro.
Gli effetti più rischiosi della Brexit sono di ordine politico. La Scozia freme per l'indipendenza e per tornare membro in solitaria della UE. All'interno della stessa UE si teme l'effetto domino. La stessa Italia viene ritenuta tra gli Stati a rischio di uscita dalla UE.
Vedremo che sviluppi avranno queste partite politiche. Personalmente sono più preoccupato per chi rimane dentro la UE, e l'eurozona in particolare, che per chi ne è fuori. Sappiamo che l'eurozona non è in grado di affrontare crisi economiche, quale che ne sia la portata. Non è un segreto che ciò risulta più agevole per uno Stato dotato di una banca centrale collegata al governo anziché ai soli mercati. Un modo in cui il Regno Unito ha fronteggiato la crisi del 2008 è stato svalutare la sterlina. Un peccato mortale? Una catastrofe? Direi proprio di no. Forse è andata peggio a noi dell'eurozona.

5 - M
i pare un fatto inoppugnabile che siano i fautori della Brexit coloro che hanno scelto di dare una svolta e di mettersi in gioco, a differenza di chi ha scelto lo status quo. O davvero c'è qualcuno convinto di avere a che fare con milioni di cretini che sperano di tornare ai fasti dell'Impero britannico?
L'accusa di nazionalismo rivolta indistintamente a tutti i sostenitori della Brexit e rivolta in genere a chiunque sia critico nei confronti di UE o eurozona credo sia frutto di un equivoco e anche di un po' di ignoranza. Si tende - e si induce artatamente, va detto – a confondere le nozioni di Stato e nazione. Ritengo che il nazionalismo sia dannoso e non mi prolungo oltre. Preciso piuttosto che sostenere la necessità dell'istituzione Stato non significa mettere la patria o una supposta identità nazionale davanti a tutto. Storicamente non si è mai avuta democrazia disgiunta dallo Stato, mentre è indubbio che diritti e garanzie dei cittadini si sono sviluppati maggiormente quando gli Stati hanno allargato il proprio raggio d'azione, subito dopo il secondo conflitto mondiale. Credo che uno Stato con ampio spazio di manovra sia presupposto di una democrazia compiuta ed effettiva, nonché di un welfare in grado di garantire benefici essenziali ai cittadini. La UE mira a togliere gradualmente sovranità agli Stati, ma finora si è limitata a cedere tale sovranità alla Commissione – non eletta – e ai mercati. Da ciò è conseguita maggiore libertà? Sì, solo per pochissimi. A tutti gli altri sono stati soltanto negati gli strumenti di controllo e verifica di cui è equipaggiato lo Stato democratico.
La UE ha fatto tante cose buone, e non è una battuta. È inutile elencarle perché credo ci vengano ricordate quotidianamente e con grande costanza. Ad ogni modo una bella fetta dei sostenitori, in UK e fuori, del Remain convengono sulla necessità di un cambiamento di rotta radicale delle politiche europee, e in tempi brevi. Lo sentiamo dire persino dai nostri politici più europeisti. Allo stato attuale ritengo la UE una causa persa tenuta in vita dal cinismo di pochi e dalle illusioni di molti. Se non intervengono cambiamenti radicali finirà molto male. Ma gli attuali vertici della UE non riformeranno un bel nulla e continueranno a impedire qualsiasi cambiamento che urti contro le loro ambizioni politiche e le loro convinzioni ideologiche.
Tutto dipenderà da quando e da chi saranno sostituiti i leader UE. Possiamo solo sperare che sia qualcuno dotato di vera lungimiranza e di quello che chiamiamo spirito democratico.
Dunque, secondo me, non hanno perso gli elettori più cosmopoliti, più lungimiranti e dalla mentalità più aperta. Hanno perso quelli più ingannati, quelli che continuano a preferire i sogni alla realtà, quelli che continuano fare affidamento su autorità fallaci e senza scrupoli. Gli stessi che sovente temono l'avvento di nuovi fascismi, di nuovi regimi e sì, hanno ragione a temerli, perché il loro sostegno a chi determina ingiustizia e malcontento può condurre davvero a degli esiti che la Storia ci ha già mostrato con chiarezza.


In conclusione, è giusto temere gli effetti della Brexit, un processo che andrà gestito con oculatezza, senza il desiderio di rivalsa che alcuni leader europei stanno mostrando e senza le smargiassate a cui sembrano tendere alcuni sostenitori del Leave. Più ancora, però, è bene rivolgere l'attenzione su chi, dribblando le verifiche democratiche, sta demolendo quelle che, tutto sommato, sono ancora le società del benessere. 
Nulla di male a sostenere un'ideologia per cui il mercato si autoregola e rappresenta la miglior organizzazione dei rapporti umani e per cui lo Stato non deve garantire le pensioni dei suoi cittadini, o la sanità pubblica o l'istruzione. Per me è una baggianata, ma se questa idea di società è così giusta, perché non dircelo chiaramente? Invece tutti, e i nomi li sapete da voi, non ci hanno mai detto: guarda, progressivamente dismetteremo il sistema pensionistico statale perché riteniamo sia meglio se vi arrangiate con assicurazioni private. Non ci hanno detto: preferiamo chiudere le scuole statali perché riteniamo sia meglio che dell'istruzione si occupino istituti privati. Né ci hanno detto: basta con l'inefficiente sanità pubblica, meglio quella privata anche se chi sta male dovrà pagare. Tutti, o quasi, hanno continuato a ripetere che i sacrifici da fare in nome della UE ci avrebbero garantito un futuro migliore. Ora sappiamo che non è vero, ma fanno e faranno di tutto perché non gli si dica di no o si realizzi un'alternativa. Finché la scena politica sarà calcata da questi personaggi (qualche cognome illustre: Schäuble, Van Rompuy, Juncker, Monti) , finché le loro scelte ideologiche saranno la regola, un futuro migliore ce lo possiamo solo sognare.

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