IL SOTTOTENENTE GUSTL di A. Schnitzler: vivere e narrare al contempo


Il 1900 fu, banalmente, l'anno di passaggio tra due secoli, ma anche un anno cruciale per Arthur Schnitzler che proprio con Il sottotenente Gustl, pubblicato in quell'anno, riuscì a trovare in maniera compiuta la sua voce letteraria. 

Il libro consiste in un lungo monologo in cui un militare austriaco, anzi, austroungarico, dalla condotta tutt'altro che irreprensibile narra qualche ora della sua vita in presa diretta, cioè in prima persona presente, che tallona il presente, con parecchi puntini di sospensione che ricordano quali il Celine di Morte a credito. In realtà accade poco, in questo racconto, che sovente assume i tratti della commedia. Importante è invece la prospettiva scelta dal narratore, quella prima persona che annulla qualsiasi distanza tra soggetto e narratore, tra il gesto di vedere/pensare/vivere da parte del narratore e l'atto, qui subitaneo, di narrare.




Oggi questa modalità narrativa è estremamente diffusa e ai nostri occhi assai familiare, ma a quei tempi (in quasi contemporanea con l'avvento del cinema che, a ben pensarci, poteva ispirare tale processo narrativo) aveva il gusto di una sconcertante novità. 
Per quel che io ho letto o ricordo di aver letto, prima di Schnitzler con Il sottotenente Gustl, nessuno scrittore in precedenza si era spinto fino a questo stadio di immedesimazione nel qui e ora col suo protagonista.

E comunque Schnitzler è sempre un gran bel leggere.

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